007 e morto

Here is a brilliantly poignant review from an Italian movie magazine called “Film”. The author of this review is a “huge Bond fan” and in his opinion “‘Casino Royale’ is the worst Bond ever… if this crap IS a Bond film.”

007

 

Italian movie magazine “Film”
By Aldo E. Castellani

Casino Royale

007 è morto.
Non è stato ucciso nel corso di una pericolosa missione da
Goldfinger, Emilio Largo, Hugo Drax o dal suo acerrimo
nemico, Ernst Stavro Blofeld. Non è caduto sotto i colpi del
cappello rotante di Oddjob, non è stato trafitto dai denti d’
acciaio di Squalo.
James Bond è stato ucciso dal cinema d’oggi.

Un cinema che non dĂ  piĂą spazio ad un personaggio
volutamente “falso” ma che fino ad oggi si distingueva da
tutti gli eroi di celluloide con la classe, il british applomb, l’
ironia unita alla spietatezza, nel bere vodka Martini, nel
guidare auto sportive e nel sedurre donne bellissime in pochi
istanti. La “sospensione dell’incredulità” non è più
accettabile: Bond non è “realistico” e la gente vuole
personaggi con cui identificarsi piuttosto che alcuni con cui
sognare.

E’ stata adottata così la malaugurata decisione di dare un
“riavvio” alla serie per incontrare il favore dei giovani d’oggi
(i veri fruitori di cinema) che da troppo tempo disertavano le
sale in cui si proiettavano le avventure della spia inglese.
Memori del cupo, demoralizzante Batman begins, le
avventure di 007 sono ripartite da capo, ma ambientate nell’
epoca presente. E’ questo è stato il primo degli errori: 007
vive nel cuore degli spettatori grazie al cumulo delle sue
avventure passate: l’eroe che vedevamo sopravvivere allo
scontro nei ghiacci di La morte può attendere era lo stesso
sfuggito al raggio laser in Goldfinger, lo stesso che aveva
veleggiato per Venezia in una gondola a razzo in Moonraker,
lo stesso che lottava penzolando da un aereo in Zona
Pericolo. Presentare un James Bond alle prime armi,
annullando il suo passato quarantennale – con lo spettatore
che deve “fingere di non sapere” quello che è successo e chi
è 007 – diviene un’ esperienza estraniante.

Ma forse l’errore principale sta nel cast. Per rimpiazzare il
bravo Pierce Brosnan è stato scelto un nuovo attore, Daniel
Craig. Un buon attore che avemmo l’occasione di apprezzare
in altre pellicole e che avrebbe potuto interpretare diversi e
stimolanti ruoli… ma non James Bond. Craig non ha classe, è
senza stile, senza portamento, senza ironia. Un bel tomo
muscoloso ma per nulla sexy, alla pari dei vari Van Damme,
Steven Segal o Vin Diesel. Quando alla domanda di un
cameriere “Come vuole il suo vodka Martini?”, il nostro
risponde “Cosa vuole che me ne freghi”, si assiste all’ultimo
atto di vita di un personaggio. E a nulla vale la battuta finale,
pronunciata con sussiegosa proprietà, “Il mio nome è Bond,
James Bond”, né il tema di Monty Norman sparato a mille. Il
danno è già stato fatto.

Una scelta, quella di Craig, che non raggiunge il basso livello
di quella di George Lazenby ma le va molto vicino. Assai piĂą
appropriate sarebbero state altre opzioni, ad esempio, Hugh
Jackman o Gerard Butler.

E anche le bond-girls, per la prima volta, sono assai
deludenti. Se la nostra Caterina Murino ci lascia per fortuna
ben presto, Eva Green, scoperta a suo tempo da Bertolucci,
cerca in tutti modi di catturare l’attenzione con smorfiette
varie e spalancando gli occhioni, ma, aiutata anche da un
trucco sbagliato, dà il suo contribuito al fallimento dell’
operazione.

Ma soprattutto è stato un crimine privare Bond di molti dei
suoi “marchi di fabbrica”: la sequenza “gunbarrel” che apriva
tutti e venti i film della saga, qui spostata all’inizio dei titoli
di testa, che richiamano piĂą un videogioco che gli
indimenticabili credits traboccanti di donnine discinte in
controluce di Maurice Binder. Manca anche Q e le sue brillanti
invenzioni. Manca la segretaria Moneypenny e le sue occhiate
vogliose. Riamane solo la povera Judy Dench, nel ruolo di M,
ad assicurare una parvenza di continuitĂ .

C’è invece Giancarlo Giannini, costretto ormai, in questi film
internazionali, in ruoli da “vecchio piacione”.

Si era parlato di un Bond piĂą verista, meno fracassone, piĂą
simile al personaggio di Ian Fleming, un Bond fallibile, che
impara ad essere un duro senza cuore. Ma questo rimane
solo nelle intenzioni degli sceneggiatori. Qui assistiamo
impassibili, senza un briciolo di emozione, ad avventure
simili a decine di altri “action movies” già visti, con in più la
pretenziositĂ  di voler dire qualcosa di nuovo e diverso. Solo
la lunga sequenza dell’inseguimento attraverso il cantiere e
fino in cima alla gru può dirsi eccezionale, ma ripresa e
montata a un ritmo troppo frenetico. Per il resto, vuoi anche
una lunghezza eccessiva (quasi due ore e mezza), non c’è
nulla da ricordare, non quelle scene madri leggendarie, non
quell’atmosfera di lusso e charme che si respirava negli
studi di Pinewood.

Il mix migliore tra azione e realtĂ , tra ironia e durezza, si era,
secondo noi, concretizzato in Zona Pericolo con un
convincente Timothy Dalton che, pur allontanandosi dall’
interpretazione di Conney e Moore, era rimasto un
inequivocabile 007.

Ecco, è questa la colpa maggiore di questo film. Colui che
appare sullo schermo, vuoi per colpa di Craig, per colpa della
regia o per colpa della sceneggiatura,… non è 007. E’ un tizio
qualsiasi, un eroe da tv movie, senza carisma e personalitĂ . A
questo punto meglio le “spacconate” con Schwarzennegger,
meglio l’ultimo capitolo di Mission Impossibile.

Casino Royale, grazie anche al notevole lancio pubblicitario e
al clamore mediatico, ha incassato in questi giorni piĂą di tutti
i Bond precedenti e ha ricevuto critiche entusiastiche
incontrando, a quanto pare, il gusto dei giovani.
Ma a chi ama veramente 007 questo film farĂ  piĂą male di un
colpo di Walter PPK dritto al cuore.

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